Social Telling
Il format (inteso come scenario entro cui e per mezzo del quale si dispiega un intervento. Modello di scambio, che deve essere sufficientemente aperto da poter essere sviluppabile ed adattatile in funzione delle esigenze metodologiche e di scopo dell’intervento stesso) di questa tecnica di lavoro affonda le sue radici su due prospettive: gruppoanalitica e socio-costruttivista.
Come nel “Social Dreaming” (G. Lawrence – anni 80-90 – recuperando un sapere storico e antropologico, ipotizzò che fosse possibile sognare socialmente – considerare il sogno come manifestazione del sociale in cui viviamo – e che i sogni potessero illuminare il contesto sociale condiviso), tecnica che valorizza il contributo che i sogni possono offrire alla comprensione, non del “mondo interno” dei sognatori, ma della realtà sociale ed istituzionale in cui vivono, lo “StoryTelling di Gruppo” o “Social Telling” si propone di costruire uno spazio gruppale all’interno del quale si possono dipanare storie e narrazioni.
Questo modello è pensato quindi come spazio gruppale ed esperenziale (Questo Modello è retto da alcuni concetti base: matrice di gruppo, libere associazioni, amplificazione emotiva-tematica e pensiero sistemico), condotto da uno o più trainer, dove viene chiesto ai partecipanti di condividere storie, metafore, aneddoti o sogni e senza interpretare, giudicare e censurarsi lasciare che a narrazione segua narrazione, attraverso connessioni e libere associazioni. Da storia nasce storia, così i primi racconti, divengono il frattale intorno al quale si costruisce, si dipana poi tutto il pensiero delle narrazioni che seguiranno.
Questo tipo si esperienza diventa importante perché riconosce (anche da un punto di vista epistemologico) la fine del mito (e del senso) di una storia unitaria, universale e oggettivamente ricomponibile.
In un’ottica di sviluppo e di cambiamento ci sono narrazioni che congelano il significato degli eventi, vi sono invece narrazioni che restituiscono agli eventi e fatti un tempo, uno spazio e un contesto.
In sintesi attraverso questo format si vuole definire e favorire un prodotto dell’intervento consulenziale: la narrazione-generativa.
La narrazione generativa non svela la realtà, ma la costruisce e gli da una lettura plurale, dando così l’opportunità di vivere in modo diverso e nuovo l’esperienza.
Il lavoro che si può fare attraverso questa esperienza non è tanto quello di scoperta (il concetto di “scoperta” rimanda spesso ad una verità, un’essenza, una causa e una ragione già data), ma di invento e generare così nuovi significati e conoscenze. Se pensiamo che “il modo in cui ci raccontiamo e immaginiamo la nostra storia, influenza il corso della nostra vita” (Hilmann, 1984) in un processo di cambiamento le nostre storie hanno necessità di essere costruite, sostenute, alimentate intersoggetivamente.